In una stanza laterale rispetto al corridoio dall’ala est si ammassavano decine di persone prese da una fretta quasi euforica, così diversa dal lento procedere dei visitatori che passeggiavano lenti e tranquilli nelle altre sale, tanto da sembrare un mondo completamente a parte. Non c’era da stupirsi, perché proprio lì abitava una delle donne più famose del mondo, fermata eternamente nella sua espressione sibillina e protetta da una robusta teca in vetro; davanti a lei una folla in estasi strepitava per poterla guardare per qualche secondo, nonostante tutti conoscessero già i più piccoli dettagli dei suoi lineamenti, meglio di quanto avrebbero potuto scorgere in quell’occasione.
I più entravano per cercare di immortalare quel momento con un flash, anche se aprendo un qualsiasi libro d’arte avrebbero potuto trovare una riproduzione di certo migliore. Io, invece, ero entrata per cercare Marco. Mi ero separata da lui qualche minuto per avere un po’ d’intimità nelle toilette del piano: dopo ore di infernale tormento mi ero decisa a sistemare quei collant francesi che male si adattavano ad un corpo italiano.
I più entravano per cercare di immortalare quel momento con un flash, anche se aprendo un qualsiasi libro d’arte avrebbero potuto trovare una riproduzione di certo migliore. Io, invece, ero entrata per cercare Marco. Mi ero separata da lui qualche minuto per avere un po’ d’intimità nelle toilette del piano: dopo ore di infernale tormento mi ero decisa a sistemare quei collant francesi che male si adattavano ad un corpo italiano.
Avevo fatto di tutto, quel giorno, per essere bella, nella speranza che questo bastasse a cancellare tutti i dubbi e le paure che da settimane asserragliavano la mia mente ed il mio cuore, mentre la mia mente ed il mio cuore non avrebbero dovuto far altro che assaporare i momenti di vita parigina che l’Europa unita mi aveva regalato in nome di Erasmo da Rotterdam. Temevo che quei mesi passati lontano avessero trasformato irreversibilmente il mio – e il suo - modo di essere e di pensare, i desideri e i sentimenti che una volta ci avevano uniti così intensamente. Che il non fatto e il non detto ci avessero resi due estranei. Qualche ora prima, mentre lo aspettavo alla Gare de Lyon, avevo anche temuto di non riconoscere più il suo viso.
Mentre lo cercavo nella sala di quel museo, gremita di folla, ero di nuovo sprofondata nell’insicurezza di quei pensieri. Ma proprio lì, dove tutti scrutavano il sorriso giocondo di Lisa, proprio come poche ore prima alla stazione, io ritrovai il suo di sorriso, quello che scioccamente avevo temuto di non ricordare e il mio cuore e la mia anima sciolsero ogni dubbio. Affondai la mia mano nella sua e riprendemmo a passeggiare sul parquet antico di quei corridoi, parlando e ridendo come se non ci fossimo lasciati mai, quasi non accorgendoci degli immensi capolavori che ci guardavano dalle pareti.
Un racconto delizioso, non riesco a descriverlo altrimenti.
RispondiEliminaDavvero brava!