giovedì 1 dicembre 2011

Di trasferimenti e salmoni dell'Alaska

A volte immagino come potrebbe essere la mia vita lassù sui monti con l'Amore del Cuore.
E non lo so.

Io sono una ragazza di provincia trapiantata in città.Non ho mai provato il desiderio radical chic di avvicinarmi alla natura (o cose simili), come non sento una particolare affinità per gli sport montani (che di solito la gente propone come giustificazione a un proprio trasferimento).Quando sono in città, però, non faccio altro che cercare un modo per trasferirimi; quando sono in montagna, guardando i quattro bifolchi (perdonatemi il termine) che sostano fuori dal bar e costituiscono l'unica forma di vita del paese, mi piglia male.

Quando ne parlo, tutti pronti a dire:"fosse in te, io mi ci trasferirei subito in un posto così", ma nessuno è mai stato lì a novembre, quando il deserto del Gobi è più vivace, quando il massimo della vita sociale si risolve nella castagnata della parrocchia. Facile dirlo, quando la stagione sciistica è all'acme (e anche allora, non pensiate che sia chissà cosa).
Così, crogiolandomi nella mia indecisione/insofferenza/insoddisfazione che ormai è diventata cronica, osservo.
Osservo e cerco di capire se la gente che lo fa è felice. Trasferirsi per amore in un luogo ostico, intendo.
La letteratura in merito non è molto prolifica. Mi è capitato di leggere tre storie di persone che si sono trasferite in Valle d'Aosta per amore, ma tutti e tre avevano passioni per i temi ambiental-montan-sportivi che io ho già appurato di non avere. Ho letto alcuni blog di gente che si è trasferita in Norvegia, Svezia, Lapponia, Islanda e via dicendo, ma secondo me in quei casi prevale la novità di trovarsi in un Paese straniero.

Poi stamattina guardavo il blog di un'autrice americana che ha appena pubblicato un libro. Mi pare di aver capito che lei si sia trasferita in Alaska per seguire suo marito biologo; poi ha messo sù famiglia, si è ricreata uan vita e cerca di sopravvivere in un luogo ben più ostico di quella che sarebbe la mia meta. La cosa più importante è che, guardando le suo foto, a me sembra un donna felice.
Credo che questo week end leggerò il suo libro.

Ma la domande è: avete esempi di vita vera, libri, film o quant'altro da consigliarmi sul tema?

martedì 22 novembre 2011

Cowboys and kisses

La porta di casa si apre timidamente sullo spiazzo buio e due figuri imbacuccati ne escono in silenzio. La notte è serena e la luna è l'unica fonte di luce che rischiara la strada, deserta. E' lunedì mattina, ci sono -5° C, sono le 5.45 del mattino e quei due sono Mazel e l'Amore del Cuore, il quale sta accompagnando la sua bella a prendere il treno per andare a lavorare, a Torino.

Ecco alcune cose che dovete sapere.
L'AdC abita in Valle d'Aosta, in un'amabile paesello natalizio che una volta era raggiungibile in treno in circa 2 ore e 40 da Torino. Una volta! Perchè ora qualcuno deve aver pensato che meno di tre ore per percorrere ben 130 km erano troppo poche. Me li immagino i tizi delle FS che si dicono: "E no signori, mica possiamo fare concorrenza alla'alta velocità! Aggiungiamo un paio di cambi, magari alternati (una volta si cambia a Chivasso e una volta a Ivrea), così la gente si confonde e magari qualcuno rimane a piedi" e un altro:"Sììì!! E facciamo un'altra cosa cattivissima!! Facciamo che il primo treno del mattino in partenza dal paesello arrivi ad Aosta (il primo cambio) 5-10 minuti dopo che sia partito l'altro treno, così poi a quelli là gli tocca aspettare un'ora!!". E così fu fatto.
Però Mazel-masochista, certe volte, decide di partire lo stesso il lunedì mattina, ad esempio quando organizza una bella mangiata di bagna cauda la domenica sera, ed il suo povero AdC l'accompagna, rassegnato, alla stazione di Aosta.

Ed e proprio quello che stanno facendo ora, i due nostri poveri eroi; camminano infrdeddoliti nella notte, rimpiangendo il caldo del piumone che hanno lasciato meno di dieci minuti prima, sperando di arrivare in fretta alla macchina. L'AdC ha gli occhi gonfi di sonno e forse prova un odio omicida per Mazel, ma, cavallerescamente, tace e cammina.
Epperò una sorpresa li attende al parcheggio: l'inverno, alla fine, è arrivato e la macchina è completamente inglobata in una capsula di ghiaccio.
Io gratto, tu spruzzi. Non ce la faccio. Allora tu gratti e io spruzzo. Non cela faccio. Va bè sali.
Dopo un po' sale anche lui: "E' tardi, andiamo così". E inizia a guidare tenendo il collo tutto storto per guardare nell'unico squarcio in mezzo al ghiaccio. Certo, però, che anche l'autostrada è ghiacciata e così la velocità massima raggiunta sfiora gli 80 km/h. L'Amore del Cuore tace e piega il collo.
Finalmente Aosta. La stazione. Lo spiazzo pieno di automobilisti  che non sanno dove parcheggiare, perchè forse il sonno offusca anche le loro menti. Sono le 6.44. Chissenfrega del biglietto, lo fai sopra; corri corri! Mazel scende di corsa e si fionda sul primo binario, ma il treno chiude le porte e la lascia a piedi.

"Inseguiamolo!" dice l'Amore del Cuore e ci rifiondiamo in macchina. Forse non lo sapete, ma le città a quell'ora sono piene di gente. Semafori infiniti ci separano dal casello autostradale. L'AdC guida in silenzio, concentrato come se stesse guidando una Ferrari a Montecarlo, ma in realtà, di nuovo, non si possono  superare gli 80 km/h. Sarà un'impressione, ma i suoi occhi sono leggermente iniettati di sangue.
Eccolo eccolo! Esci a Nus! Ma quella ciofeca del treno, a dispetto di quanto si pensi, è veloce come una faina.
Non ce la facciamo ti porto a Chatillon. Spero basti la benzina.
Alla fine la benzina basta e per un soffio Mazel ci sale sopra. L'AdC le manda un bacio dal marciapiedi e sillaba qualcosa. Sembra proprio che abbia detto: la prossima volta parti di domenica.

Sono le 7.10 e il sole sorge.

Sul treno non c'è il riscaldamento e Mazel si addormenta come un sasso con la testa sul finestrino. A Chivasso si sveglia con il torcicollo, il mal di testa e gli occhi gonfi. Il treno per Torino è in ritardo e quando arriva è così pieno che non c'è neanche posto in piedi nei corridoi. Fa tutto il viaggio nell'anticamera del cesso con un barbone, il suo cane e altre 21 persone.
Alle 9.15 arriva a Porta Nuova, corre in ufficio e alle 9.30 è seduta al suo posto.
Peli del naso la saluta dicendole: Riesci a fare il report entro le 10?

venerdì 28 ottobre 2011

Bello come il sole

La prima volta è successo in ascensore.

Non pensavo di essere quel genere di persona lì, e invece anche io mi sono trasformata in un "individuo superficiale e un po' volgare", come direbbero i miei colleghi radical chic.

La prima volta, dicevo, ero nell'ascensore del mio palazzo. Avevo schiacciato il tasto della chiamata e stavo sperando che arrivasse presto, perchè dallo studio del dentista stava per uscire un paziente, che si sarebbe di certo fermato sulla soglia per i saluti e  io avrei dovto aspettarlo. Speravo di batterlo sul tempo. E poi ero pure al telefono: se fossi stata beccata in flagrante, il mio gesto poteva sempre essere scambiato per distrazione e non per maleducazione.
E invece l'ascensore arriva e il paziente si fionda fuori per farmi segno di aspettarlo.
Lo conosco. Ma non riesco a mettere a fuoco chi sia. Come quando s'incontra un vecchio compagno di scuola, la cui immagine è stata fissata nel tuo cervello da mesi e mesi di frequentazione quotidiana e poi non si è visto mai più.
Sale con me nel cubicolo e iniziamo la lenta discesa verso terra. Io me ne sto li al telefono, finchè il mio cervello non mi manda una scarica elettrica: "sveglia! sei a due centimetri da Gigi Buffon!". Improvvisamente smetto di parlare e riattacco.
Era bellissimo. Prima di allora non avevo mai pensato che fosse bellissimo, anzi. Alto, atletico, ben vestito ma non appariscente. Gli occhi chiari (di certo non infossati come gleli fa apparire la tv impietosa). E la pelle. Leggermente abbronzato e luminoso. Una luce bellissima, quasi trascendentale.
Niente. Mi sono innamorata. Poi, ovviamente, lui è sceso e se n'è andato e io sono rimasta lì  a bocca aperta spiegare perchè avevo riattaccato così.

Da allora ho sviluppato un nuovo senso.
Io non conosco i volti dei giocatori. Certo, se il portiere della nazionale mi si piazza lì per tre lunghiiiisssimi minuti può anche succedere che io lo riconosca.  Ma gli altri, zero.

Però.

Una mattina, andando al lavoro, un bambinetto sudamericano mi da un colpo con lo zaino. Lo guardo male ma lui manco se ne accorge; allora guardo male il padre. E' giovane, ha una brutta tuta e un cappellino. E' bellssimo e anche lui è... luminoso. Come un faretto.
Corro in ufficio e racconto tutto alla mia collega, la quale mi mostra lo screensaver della juve e io lo riconosco in Amauri.

Sono diventata bravissima. Con il metodo della luce diffusa ho rconsciuto Candreva al bar e Matri per strada, pochi minuti fa.
Loro passano, mi illuminano e io cado letteralmente in amore come una ragazzina in crisi ormonale.

Cari giocatori, dopo l'avvistamento io vi seguo e tifo per voi come il più convinto degli ultrà; avete guadagnato la mia fedeltà solo passandomi accanto. Ma vi prego, ditemi da che estetista andate.

giovedì 27 ottobre 2011

Alla macchinetta del caffé

Tecnico informatico:" Oh, ma tu l'hai trovato il video di Belen?"
Peli-del-naso, con faccia schifata:" No"
Tecnico informatico: "Dai allora te lo passo!"
Sara: "E comunque il nuovo Murakami lo può leggere chiunque. Anche chi legge solo cose molto cheap".

Il tecnico se ne va.

Peli: "Ma chi è Belen?"



Abbiamo presentato: "Caffé da intellettuali, 1"

mercoledì 19 ottobre 2011

Quando gli stronzi hanno successo

Oggi in ufficio ha chiamato *** (=quello scrittore molto famoso che prima faceva il comico, osannato dal mondo intero) per assicurarsi che il mio collega Peli-nel-naso si occupasse per bene della promozione del suo nuovo libro (che esce il 4 novembre, sapevatelo).
Ho risposto io.
E mi è stato subito sulle palle. Già quando, in passato, ero stata con gli occhi sognanti a una sua presentazione mi era stato sulle palle.

Di suo ho letto quasi tutto, ma mi è piaciuto solo il primo. E un po' sono contenta, perchè è uno stronzo.
(Come se il fatto che non siano piaciuti a me significasse che non hanno avuto successo. Vabbé.Forse sono un po' troppo megalomane...).
Fatto sta, che mi è venuta voglia di leggere quello nuovo che sta per uscire. Prima del resto del mondo. Prima che gli altri sappiano della sua esistenza. In fondo questo lavoro non mi sta dando molto e le soddisfazioni bisogna prendersele da soli.

Così ho attuato il mio piano malefico: ho deliberatamente fatto finta di lavorare mentre leggevo il pdf delle bozze. Ne ho letto metà.
Che vi devo dire. Mannaggia.
Nonostante sia uno stronzo, il libro è buono. O come direbbe lui, è maledettamente buono.

mercoledì 12 ottobre 2011

Miserabile

Il paesaggio scorre veloce fuori dal finestrino e io penso.

Penso che ho trascorso gli ultimi dieci anni facendo sacrifici, prendendo treni, facendo esami, cercando casa, cercando lavoro, spendendo un sacco di soldi in rette universitarie, cercando di sostenere la mia relazione a distanza, ma non trascurando i miei genitori, gli amici, i colleghi e chiunque volesse qualcosa da me. Rimbalzando da una città all'altra senza però soddisfare appieno nessuno, sentendomi continuamente dire "e ma potresti stare di più" e ripartendo ogni volta piena di sensi di colpa.

Penso che ho 27 anni, mi sono laureata in 3+2 a pieni voti, lavoro da 3 e guadagno 500 euro al mese, però almeno faccio il lavoro che volevo fare. ah bè. sono soddisfazioni.

Penso che l'altro giorno ho sentito il discorso di Napolitano che parlava di quelle ragazze morte a Barletta e diceva che era immorale che guadagnassero 3,95 euro all'ora senza contributi.
E mi arrabbio. Mi arrabbio perchè, di euro all'ora, io ne prendo 3,125 e nemmeno a me li pagano i contributi, solo che nel mio caso è legale e si chiama stage e nessuno si sconvolge e scuote la testa in qualche talk show. E almeno, a loro, gli straordinari li pagavano.

Penso che ieri sono stata chiamata nell'ufficio del mio nuovo capo per avere un responso sul mio futuro. E sono entrata con la convinzione di dirgli: caro capo, in questi 6 mesi mi sono sacrificata abbastanza alla causa. O a gennaio mi assumi come si deve o a farmi cazziare in continuazione non ci sto più.
E invece sono rimasta un'ora ad ascoltare discorsi senza senso sui cambi gestionali e sulla congiuntura economica; e alla fine non era neanche più sicuro che riuscissero a tenermi a gennaio e quando mi faranno un contratto a progetto di un anno a 1000 euro dovrò ancora prostrarmi e ringraziare.

Penso che mi hanno appena dato il responso del colloquio che ho fatto lunedì. Negativo. E così non posso nemmeno andarmene sbattendo la porta in una scena plateale.

Penso a Napolitano che dice che guadagnare 3,95 euro all'ora è una condizione miserabile. E penso che miserabile è proprio la parola adatta a me, che quando vado al supermercato con mia madre la guardo mentre compra i cubetti di parmigiano a 6,50 euro a cuor leggero e mi prende un groppo alla gola, pensando che quei pezzettini di formaggio valgono come 2 ore della mia vita e io non me li posso permettere. E mi vergogno.

E poi il treno si ferma. Sono arrivata a casa per il compleanno di mio padre e scopro che non si tratta di una cena in famiglia ma una vera e propria festa. E tutti mi chiedono perchè non c'è il mio ragazzo. E mio padre mi dice che è un po' offeso.
E io penso che oggi, tra lo scoprire che forse non avrò un lavoro a gennaio e  che sicuramente non avrò quello a cui aspiravo lunedì, tra il tentare di tenere a bada la propritaria di casa che vuole sapere se a gennaio rinnovo e il cercare di dribblare i cazziatoni di Sara, mi sono dimenticata i dirglielo. O forse non ho avuto cuore di chiedergli di farsi 400 km in una sera per 50 euro complessivi, pari a 2 mie giornate lavorative.

E allora mi siedo in un angolo e piango. E mio fratello mi racconta la barzelletta dei daini che giocano a nascondaino per tentare di salvare la festa.

martedì 20 settembre 2011

Vivere nei film si può!

Vabbè questa la devo raccontare. Per forza.

Io ho un'amica che vive in un film.

Mi è capitato in passato di assistere a conversazioni che citavano amiche-di-amiche che si trovavano in situazioni romanzesche e ho sempre pensato che il fattore telefono senza fili avesse un ruolo importante nella stesura del plot. Ma questa volta... questa volta la storia è di prima mano: è proprio lei, la mia amica d'infanzia, e la sua storia è meglio di qualsiasi commediola rosa holliwoodiana. Giuro che è tutto vero.
Dovete sapere che la mia amica S si trova in Inghilterra per il dottorato; vive in una simpatica cittadina di mare e frequenta amici provenienti da tutte le parti del mondo. A giugno, uno di questi l'ha invitata al suo matrimonio in Israele, tra l'altro offrendo a tutti quelli che provenivano dall'estero un soggiorno di 2/3 notti sul mar rosso. A Tel Aviv, S si ritrova seduta a un tavolo di persone che non conosce, tutte inglesi, e tra loro conosce John Brown (nome di fantasia per proteggere la privacy ed evitare googlate).
John è un bel ragazzo sulla trentina che fa il produttore alla BBC (lo so, già qui la trama non regge, non è possibile che un trentenne sia un produttore. E invece la storia è vera, a meno che tra qualche mese non si scopra che John ha mentito per tutto il tempo); è simpatico, passano un po' di tempo insieme e lui le propone di fare insieme un'escursione a Petra. Durante l'escurisione si trovano bene, si piacciono ma nessuno fa il primo passo; ci scappa però la promessa di rivedersi in Inghilterra, anche se lui se ne sta a Londra e lei nella simpatica cittadina.

Però S ha un problema: lei si era organizzata l'estate diversamente.

Tra i suoi amici, infatti, c'era anche una ragazza delle isole Fiji, la cui madre lavora per Save The Chilren. Questa ragazza aveva proposto a S di passare tre mesi estivi alle Fiji a casa sua, in cambio di qualche lavoretto per l'associazione e lei aveva detto "Sì cavolo che ci vengo" e si era fiondata a spendere 1000 euro di biglietto aereo direzione Suva.
E infatti, da Tel Aviv, S se en era tornata in Italia per stare un po' di tempo a casa prima di partire per 3 mesi per l'altra parte del mondo.

Però sto John un po' le piaceva e continuava a sentirlo su Fb. Così il giorno della grande partenza ha un idea: il volo fa scalo a Londra e ha qualche ora di tempo, perchè lui non esce prima dal lavoro e si incontrano per un caffè? E così fanno. Certo che è passato un po 'di tempo e loro si erano visti una volta sola; non sanno bene così dirsi, sono imbarazzati e come, nei migliori film, in lbreria fanno cadere uno scaffale (giuro giuro). Passano un piacevole pomeriggio fino a quando lei si rende conto che è tardissimo. Lui le dice: tranquilla ti porto io! e mettono in atto la scena meglio conosciuta come "corsa all'aeroporto su tangenziale londinese". Arrivano appena in tempo e sulla soglia del controllo di sicurezza, lui la bacia.
Lei parte e si maledice. Però, cavolo, sta andando alle Fiji, quindi si ripiglia subito. Passa tre mesi in questo paradiso terrestre insengando a contare ai bambini e piantando caffé nei campi, finchè lui, ch continuava a sentire su Fb connessioni fijiane permettendo, le dice una cosa. "Sai S, la settimana prossima compio trent'anni, vorrei festeggiarlo in maniera indimenticabile. Cosa ne dici se vengo li?" "Ah ah - gli dice lei- fai pure", poi riattacca e pensa "che coglione".

E invece un giorno lui sbarca a Suva e ci rimane due settimane, portandola su isole meravigliose dove venivano scambiati per sposini in viaggio di nozze. non sapendo che era la terza volta che si vedevano.

La storia non finisce, perchè al momento siamo allo step in cui S torna in Italia dalle Fiji (facendo il viaggio di ritorno con il buon John che si era pure sbattuto a cercare un posto sul suo stesso volo) e racconta tutto all'amica sua. Poi non si sa, ma giovedì S rientra in Inghilterra

Secondo voi cosa succederà?
Io voglio scriverci un libro, è una storia troppo assurda.Che finale ci vedreste bene?