martedì 29 marzo 2011

Mazel vs il Nuovo Lavoro

Interno dell'ufficio di Mazel. Ore 13.

Mazel: Ragazze sono arrivata! Ho un novità! Ho una novità!
Collega Scontrosa alias la Nappi: Ah bene. Guarda mi si è gonfiato un dito. Non so perchè.. Stavo scrivendo al pc e poi tac, si è gonfiato.
Mazel: Fa' vedere. Non c'è niente.
Nappi: Ma sì guarda bene. Forse mi sono tagliata con la carta. O forse mi ha punto un ragno.
Elena: Un ragno?! Oddio dove? dove? 
Mazel: La volete sapere sta novità o no?
Nappi: Che faccio ci metto del gentalin? Ce l'ho in borsa. 
Elena: Se ci sono i ragni in ufficio me ne vado a casa.
Nappi: Forse il dito è rotto. Forse devo fare una lastra. Che faccio chiamo il CUP?
Mazel: Non ti sembra di esagerare?
Nappi: Il numero ce l'ho in borsa; me lo prendi che non posso muovere la mano?
Elena: Ommioddio devo controllare sotto la scrivania se ci sono i ragni, mi aiuti a spostarla?
Mazel: Ma quanta roba hai in borsa?
Nappi: Il necessario per tutte le emergenze sanitarie. Dal mal di denti all'epidemia di suina. Come faccio ad andare a fare la lastra? Ciccio è caduto dalla bici perchè un cane gli correva dietro al parco e ora è tutto rotto. Mica mi può portare a fare la lastra.
Mazel: Forse ti devi sacrificare e evitare la lastra.
Elena: Oddio mi sento confusa... Non riesco a parlare bene. Sarà il cambio dell'ora.
Mazel: Vabbè... Volevo dirvi che inizio una nuova collaborazione con una società di consulenza turistica. Scriverò un rapporto, poi un paio di articoli. E forse dovrò tenere un paio di lezioni all'Università. All'Università! Capito?! Io-parlerò-all'Università! Che ne dite?
Elena: Ah! Bello! Forse ho un ictus... Nappi, tu che sai tutto su tutte le malattie che potrebbero colpire l'essere umano, quali sono i sintomi dell'ictus?
Nappi: Aspetta che guardo su Yahoo Answer.

martedì 22 marzo 2011

Mazel vs la sua PrimaVera Volta alla prese con un Giveaway

Cari lettori,

ci siamo!!!! Finalmente, a gran richiesta (...), il mio primo Giveaway!

E capita proprio a pennello: festeggiamo il mio imminente ventisettesimo compleanno e l’arrivo del decimo follower (benvenuti a tutti quanti, tra l’altro!).
La decisione su cosa regalare ai miei cari lettori è stata lunga e sofferta. Ci voleva assolutamente qualcosa a tema, ma il tema di questo blog è piuttosto vario...Poi ho avuto un’illuminazione.

Avrete certamente notato che ogni tanto pubblico qualche raccontino qua e là. Non lo faccio perché non so come riempire le sudate pagine del blog, sia chiaro. E’ che qualche tempo fa ho seguito un corso di scrittura interessantissimo alla Scuola Holden di Torino e ogni tanto mi diletto con i racconti. La cosa più importante che ho imparato lì, è che i racconti bisogna farli leggere e, soprattutto, bisogna capire cosa ne pensano gli altri.
Proprio lì alla scuola Holden  ho avuto il piacere di avere come insegnante la giovanissima Giusi Marchetta. Così il mio primo regalo sarà la sua prima raccolta di racconti.



Ecco le regole per partecipare:

- diventate follower di questo blog.

- segnalate il blog sul vostro in un commento e linkate il banner dedicato.
- lasciate un commento a questo post con il link della vostra segnalazione, il vostro nome o nickname e una vostra email valida, per essere contattate in caso di vittoria. Se volete, raccontatemi cosa vi piace leggere o consigliatemi qualche bel libro!
- avete tempo fino a sabato 23 aprile per partecipare. Tra tutti coloro che avranno partecipato verrà estratto un vincitore tramite il sito Random.org. Il risultato verrà pubblicato su questo blog e il vincitore verrà avvisato anche tramite email. 


Bene, che dire...Buon Giveaway!

Mazel

lunedì 21 marzo 2011

Mazel vs i 150 anni e un momento tutto per sè

- Mazel, in questo periodo sei cambiata un sacco - mi ha detto l'amica C. venerdì sera, forse già in preda ai fumi dell'alcol dopo il primo mezzo cocktail. Ma in fondo non  c'abbiamo più l'età , amica mia, bisogna rassegnarsi.
Però, in effetti, è vero. E tralasciamo il taglio di capelli e i vestiti nuovi, che sarà colpa della primavera. Ma tutta una serie di miei comportamenti mi fa sentire una persona nuova. Una volta (non molto tempo fa), per il giorno di festa che il caro Napolitain ci ha regalato, avrei preso baracca e burattini e me ne sarei corsa dall'Ammoremio tra i monti o da mammà, pronta con tutte le provviste settimanali. E invece no. Tiè. Me ne sono rimasta a Torino.

 Mercoledì sera ero tra quelle migliaia di folli che, in barba alla pioggia e al vento, passeggiava per ore per il centro in attesa non si sa bene di cosa. 
Così, tra i danzatori risorgimentali che minacciavano di schiacciarmi contro una colonna se non mi fossi spostata, le corse dei bersaglieri, le code in un baretto di piazza Carlina, i telefoni che non funzionavano, il delirio di migliaia di persone che non trovavano altre persone, gli spintoni di via Po e i fuochi sotto una pioggia scrosciante (in una situazione logistica a dir poco precaria sull'orlo del Po), ho passato un'allegra e piacevole serata con qualche amico che non frequentavo da tempo. di Vecchioni non ho visto manco la punta dei capelli, ma credo che sopravviverò.


Il mattino dopo, invece di alzarmi presto e correre in stazione, per andare a regalare il mio tempo a qualcuno dei miei cari, ho deciso di regarlo a me stessa.
Mi sono svegliata con calma, ho preparato i cereali con il latte e accolto la mia amica M. che passava per caso sotto casa mia. Le  ho offerto spremuta d’arancia biologica e un paio di chiacchiere frivole. Poi, ho curata la mia casa: proprio lei, la mansardina, perennemente trascurata e usata come luogo di passaggio, è stata tirata a lucido e ha ricevuto pure un mazzo di fiori.
Ho passato il mio giorno di festa a guardare la seconda serie di Dexter e a visitare la GAM con l’amica Lisa, che non vado mai anche se abita a quattro fermate da me , chiacchierando di cose serie e di cose frivole, del futuro, del passato, degli amici e dei viaggi.
Poi, senza nessuna fretta di dover fare centinaia di chilometri, di prendere treni, di arrivare tardi, di mettere la roba in frigo, di accendere il riscaldamento, di quante valige hai?, me ne sono tornata a casa. Semplicemente così. Due passi e sei arrivata.

Questo post è per quelli come me, che passano la vita divisi tra due, tre, enne posti. Voi là fuori, sappiate che ogni tanto prendersi il proprio tempo è obbligatorio.









mercoledì 16 marzo 2011

Mazel vs i Giveaway

Eccoci alla prese con un altro giveaway.

Lo trovate qui e festeggia l'arrivo della primavera! Si tratta di condividere il banner che trovate qui sotto sulla sinistra. A breve il mio primo, primissimo, piccolissimo giveaway...


-Mazel

martedì 15 marzo 2011

Mazel vs la Mela e il Baldacchino

Esistono due modi per organizzare un viaggio.


Il primo prevede due persone. Una di queste - che chiameremo amichevolmente il “decisore” - si occupa di tutta la parte organizzativa. Parte con l’analisi della letteratura sulla meta del viaggio con circa tre mesi di anticipo, si informa sull’alloggio e i trasporti, stila un piano d’azione. Poi riferisce all’altra persona - che chiameremo, invece, il “follower” - la quale, per sua natura intrinseca, accetterà tutte le decisioni del decisore e, se questo è particolarmente abile, crederà di aver svolto un ruolo importante in tutto il processo organizzativo. Questo si verifica soprattutto nel caso in cui decisore è femmina e il follower è maschio, perché, per citare un famoso film, “l’uomo è il capo, ma la donna è il collo”.
In questo primo caso, tutti i particolari vengono fissati con un buon anticipo e il viaggio si svolge secondo i piani del decisore e con un discreto grado di successo.

Il secondo prevede due persone + N aggiunti. In questo caso il decisore tenterà di interpretare il suo ruolo, ma raramente ci riuscirà. Infatti avere a che fare con un numero di follower superiore a uno è particolarmente stancante e potrebbe rivelarsi impossibile se questi non accettano il ruolo di follower , credendosi, invece, decisori. In questo caso nessuno studierà il percorso, l’alloggio, i trasporti. Non ci sarà nessun piano di marcia e l’intero viaggio cadrà nell’abisso della confusione e dell’indecisione. In questo caso, l’insuccesso del viaggio è davvero molto probabile.

Fatta questa premessa, devo confessare che da qualche anno desideravo intensamente andare a New York. Come forse avrete capito, nella mia coppia il decisore sono io e preparavo i dettagli di questo viaggio quando ancora non c’era nessuna speranza che io ci riuscissi veramente ad andare.
Poi, la svolta.
Questo Natale, approfittando di una promozione di Alitalia, io e Marco abbiamo rinunciato a farci il regalo e abbiamo comprato due biglietti per New York.  Per la settimana del mio compleanno. Un momento di silenzio per contenere la gioia, prego.
Questa poteva realmente essere l’apoteosi della modalità uno e il viaggio stesso rischiava seriamente di tendere alla perfezione.
Ancora un momento di riflessione, prego.
In più, un paio di amici americani che non vedo dai tempi dell’Erasmus hanno deciso di fare una gita a New York di un paio di giorni per il mio compleanno.
...

E invece.

Invece, sapete com’è, in questi mesi ho esternato la mia felcità per questo viaggio al mondo intero (tranne al mio capo, ma questa è un’altra storia). Un bel giorno, ricevo una mail dalla sorella di Marco. Più o meno diceva:
“Abbiamo prenotato per New York la stessa settimana vostra. Sei contenta?!” Ora rileggete questa frase con la voce di uno a scelta tra i Teletubbies.  Il noi a cui faceva riferimento prevede: lei, la sorella di Marco, che chiameremo “Sister (S)”, il suo fidanzato, che chiameremo “Brother-in-Law (BL)” e il fratello di Marco, che chiameremo “Brother (B)”, componenti del fantastico trio S-B e BL.
Ora, io non ho nulla contro il fantastico trio. Diaciamo che, quando siamo seduti alla stessa tavola per il pranzo domenicale, possiamo anche inoltrarci in quanche conversazione simaptica e leggera. Punto. Nel senso che non abbiamo alcun tipo di interesse in comune.
Questa, in gergo, si chiama situazione ostica. Perché a te, questa intrusione nel tuo idilliaco programma, le fa girare fino al punto di fumo, però mica lo puoi dire all’ammore tuo; in fondo sono i suoi parenti. La sorellina-sua-bella. Quindi incassi e fai la tipica faccia da piemontesefalsoecortese. Ma intanto lo sai, oh, se lo saaaai, che tutto finirà a schifìo.

Così ho continuato come un caterpillar nel ruolo del decisore. Ho pensato di applicare la regola evergreen del “trasforma i tui punti di debolezza in punti forza” e ho deciso di sfruttare il maggior numero di partecipanti per affittare un appartamento a Manhattan. Ho girato mille agenzie specializzate e trovato un appartamento grande a un prezzo stracciato. Ma a S-B e BL la cosa non stava bene. S, infatti, aveva guardato su internet e addocchiato un albergo di fronte all’Empire State Building con i letti a baldacchino. Sìììì, io voglio il letto a baldacchino! Con buona pace del risparmio.
A me la cosa non sta bene e adotto la strategia del musolungo con Marco. Lui un po’ capisce, ma nel perfetto ruolo del follower, riesce solo a rimandare la decisione.
Io cerco altre soluzioni, ma forse Marco riceve musilunghi anche dall’altra parte e nessuno riesce a imporre il proprio dominio.
Così gli espongo in maniera quasi-calma il mio problema e gli dico di occuparsene lui. Da manuale. L’ho letto sul Cosmopolitan.

Finché un giorno lui mi dice: “Dovresti darmi 550 euro che abbiamo prenotato il Letto a Baldacchino hotel”.

...
...
...
...
...
Sostiuite ai puntini un sacco di grida e improperi e pianti e grida.
E siamo solo all’inizio. Il mio viaggio dei sogni si trasfrmerà in un viaggio di merda.
WTF

martedì 8 marzo 2011

Mazel vs il Destino

Quattro ragazze fresche delle loro feste dei diciotto anni erano partite con il treno-notte per la loro prima vacanza da sole. Andavano in Sicilia per tre settimane. Avevano affittato un appartamento di fronte al mare, in Sicilia, e le loro giornate erano riempite dalla spensieratezza, dalla gioia di vivere, dalla vita che avevano davanti. Andavano in spiaggia ridendo, con il venticello caldo di luglio che muoveva i loro prendisole colorati, e una aveva anche un cappello di paglia come vorrebbe la sceneggiatura di un film. Giocavano a fare le donne, a tenere pulita la loro prima casa, a cucinare, a stare sveglie fino all'apertura del forno all'angolo. La loro casa era piena di musica e di verdure regalate.

Poi, una domenica mattina, era arrivata una notizia orribile. Un caro amico di una di loro -e quindi, per l'osmosi in cui vivevano allora, un caro amico di tutte- era morto nella notte in un brutto incidente stradale. Quella sensazione metallica di vuoto nel cuore, di impotenza, di lutto, era entrata in quella casa sul mare e aveva dato una nota di tristezza a tutta la vacanza.
Nella disperazione del momento, quell'amica più amica aveva telefonato a Carlo, il migliore amico del ragazzo scomparso, per sapere com'era andata, per avere ancora un contatto con quello-che-era-prima. Lui, in lacrime, le aveva raccontato che quella mattina aveva saputo che era morto qualcuno del paese e aveva immediatamente telefonato al suo amico per dirglielo. Gli aveva risposto la madre e gli aveva detto tutto. Poverino, era devastato.

Tra quelle amiche c'era Mazel e ogni volta che rivedeva Carlo in giro si intristiva, pensando a quel brutto ricordo. Si è sempre chiesta, anche a distanza di anni, come fosse la sua vita senza di lui. Quanto fosse ancora disperato. Come avesse fatto ad andare avanti. Cosa pensasse della morte e del fatto di essere sopravvissuto al suo compagno di avventure. Qualcuno le aveva anche raccontato che Carlo teneva una foto dell'amico sul cruscotto della macchina e questa cosa le faceva stringere il cuore.

Domenica Mazel era a pranzo dai suoi genitori. Ogni volta che riceve uno di quei messaggini con le ultime notizie, suo padre li legge ad alta voce e li commenta. Erano a tavola e la notizia della slavina ad Oropa non forniva molti spunti per intavolare una discussione, così la notizia era stata ascoltata e archiviata.

Sotto quella slavina, però, è morto Carlo. Il ragazzo dai dread biondi, l'amico sopravvissuto all'altro di soli nove anni. E a Mazel si affollano ancora in testa tutte quelle domande. Ciao Carlo. Chissà cosa fate voi due, di là.




lunedì 7 marzo 2011

Mazel vs i Nuovi confini

C'era un tempo in cui essere a Torino senza macchina le pesava. C'era un tempo in cui, pur abitandoci a meno di un paio di chilometri, al Lingotto ci andava una volta ogni morte di papa.  C'era un tempo in cui per andare da Eataly bisognava parcheggiare nell'area E per non pagare. C'era anche un tempo in cui aveva preso appuntamento da un estetista e, per andarci, aveva impiegato tre ore tra andata e ritorno.
Quel tempo è finito.Oh sì! E' finto! Grida di giubilo!
Oggi in pausa pranzo, Mazel e la sua collega Elena sono uscite dall'ufficio, si sono recate alla fermata sita sotto casa di Mazel e hanno preso la metropolitana, nuovo tratto. In un quarto d'ora sono arrivate e in un'ora e mezza erano di ritorno in ufficio.
Come direbbe Tonino Carotone, la vita è difficile. Ogni tanto bisogna viziarsi.
E andare da Eataly in pausa pranzo non ha prezzo.

venerdì 4 marzo 2011

Mazel vs i Giveaway

Va bè lo so che non posso riempire il blog con i Giveaway... però, che ci posso fare? Mi piace festeggiare! 
Qui si festeggiano i 100 followers. Auguri LTfgg!


Quasi quasi ne organizzo uno pure io... per festeggiare i 10 magari ;)

Mazel vs il Colloquio di lavoro

Uno studio dice che febbraio è il mese ideale per cambiar lavoro. Non lo sapevate?! Nemmeno io. Eppure lavoro in ufficio studi.
Però, se ci penso bene, tutti i miei lavori li ho sempre trovati di febbraio e quest'anno ho concentrato in questo mese (che - vorrei ricordare - ha solo 28 giorni) una quantità di colloqui che, solo per le assenze sul lavoro, finiranno per costarmi il licenziamento. Lasciatemi fare un attimo il conto... Ne ho fatti 6 e ad altri 5 ho detto di no a priori perchè mi mancava il tempo materiale per presentarmi. 
E ho incontrato gente di tutti i tipi, ah!, se ne ho incontrata...

Il primo colloquio l'ho fatto con l'impiegata di provincia. La dirigente all'ultimo non aveva potuto e aveva mandato lei al posto suo. La tal Katia, pur essendo una persona carinissima, non aveva idea di come si gestisse un colloquio di lavoro, così ha fatto quello che sapeva fare: mi ha fatto vedere quali erano le reali mansioni all'interno dell'ufficio. Abbiamo parlato di colleghe, fidanzati e mi ha lasciato il suo numero di telefono. 

Poi è stata la volta della commissione. Come al solito non sapevo chi guardare, con chi parlare. Quelli ai lati leggevano il giornale, quelli in mezzo annuivano. Così guardavo loro. Forse ho sbagliato.

Due giorni dopo il doppio colpo: le HR specialist di città. Entrambe lavoravano per due prestigiosissime case editrici. La prima era simpatica, affabile, realmente interessata alle cose che le raccontavo di me. Faceva domande intelligenti. Era sicuramente più precaria di me. 
La seconda era una stronza tremenda. Non ha ascoltato una parola di quello che le ho detto (ora che ci penso le ho anche lasciato il nome del blog...ma tanto mi ha appena scritto che hanno optato per un altro candidato), però lei  è stata l'unica a richiamarmi per il secondo colloquio. Lì m i hanno presentata alla marketing manager che, a ripensarci bene, potrebbe essere stata l'unica normale tra tutto questo zoo di esseri umani che ho incontrato.

Poi è stata la volta dei giovani imprenditori. Loro erano ingenui, alle prime armi. In confronto, le due HR specialists erano due coccodrilli. Erano appassionati del loro lavoro e non si erano messi d'accordo prima su cosa dirmi. Abbiamo preso un caffé al solito bar e forse li ho un po' spiazzati. O forse loro hanno spiazzato me, fatto sta che non ho ancora capito com'è andata a finire. Forse sto già lavorando per loro e non lo so...

E poi, il migliore. Il regista mancato. Questo l'ho incontrato stamattina in un bar. Non aveva idea di cosa aveva bisogno. A parte "gente agile" (ma in che senso, scusa?!). Non aveva idea di quando aveva bisogno. Non aveva idea di cosa avrebbe fatto fare a queste persone agili. Non aveva nemmeno idea della differenza tra uno stage e un contratto a progetto e credeva sinceramente che gli stagisti fossero pagati dall'Università. Mi ha anche consigliato di tenermi il mio lavoro. 
Mi sa però che vado a lavorare per lui.

mercoledì 2 marzo 2011

Mazel vs Anna

Era la mia migliore amica e io passavo tutto il mio tempo con lei. Aveva lunghi capelli biondi, che sua madre raccoglieva in trecce ordinatissime, e grandi occhi nocciola, dello stesso colore delle piccole lentiggini che le davano quell’aria  sbarazzina da monello di campagna. Era alta e magra e, a quell’età, sembrava già una donna; i vestiti le cadevano addosso come ai manichini delle boutique del centro, anche quando si metteva un maglione preso  a caso perché aveva freddo. Lei era bellissima.

A scuola ero la sua compagna di banco ed ero fiera che avesse scelto me. Tenevamo un diario insieme in cui ci confidavamo i nostri pensieri: scrivevamo una pagina a testa e lo passavamo all’altra perché potesse leggere e rispondere. Aveva una calligrafia piccola e rotonda, con le lettere sempre uguali, e abbelliva spesso la pagina con eleganti disegni, che poi riempiva con le penne colorate. Ne aveva di tutti i tipi e sapeva abbinare i colori così bene che ogni pagina sembrava un’opera d’arte: non mancavano neanche adesivi colorati e campioni di profumo staccati dai giornali. Lei era bravissima in tutto quello che faceva.
I suoi genitori avevano una casa al mare, a Porto San Maurizio, e spesso mi invitavano a passare le vacanze con loro. Mi facevano dormire nella sua stessa stanza, così potevamo rimanere sveglie a chiacchierare fino a tardi. Sua madre ci preparava spesso la torta di mele per colazione e poi tutti insieme ci avviavamo verso il lido più bello del paese. Era tutto così delizioso e perfetto ed io avrei voluto, con tutta me stessa, essere come lei. 

Quell’anno al mare un gruppo di ragazzi ci ronzava intorno. Tutti non avevano occhi che per lei e lei preferiva quello alto e moro, il più bello fra loro. Ne parlava spesso nelle pagine profumate del diario. Uno dei ragazzi, però, si interessava anche a me: mi sedeva accanto quando giocavamo a carte al bar della spiaggia, era gentile ed educato, ed aveva un buon odore. Mi era  anche sembrato di sentire una leggera scossa sotto la pelle una volta che mi aveva sfiorato una mano: forse un po’ mi piaceva e lo scrissi subito nel diario. La sera dopo la trovai in spiaggia, che pomiciava con lui a ridosso degli scogli. All’inizio non li riconobbi , ma quando  capii cosa stava accadendo scappai via in lacrime. Corsi per tutto il lungomare, senza fermarmi mai; poi, quando la milza mi faceva troppo male per continuare, mi sedetti tra le erbacce della spiaggia libera e piansi ancora. Quando non ebbi più lacrime presi il diario e lo scagliai lontano, con tutta la mia forza. Tutti i ritagli, le foto, i ciondoli che erano stati il simbolo della nostra amicizia si sparsero sulla spiaggia, senza più niente che li tenesse insieme.

Il giorno dopo sua madre si accorse che avevamo litigato e ci convinse a fare pace. Venne in camera e mi disse “Scusa. Non sapevo che ti piacesse così tanto” ed io acconsentii a stringerle la mano; dissi: “Amiche come prima”. Andammo insieme a recuperare i pezzi del diario lungo la spiaggia libera: io raccoglievo le foto e la guardavo mentre cercava gli altri ritagli delle riviste. Riconobbi in lei uno sguardo presuntuoso e stizzito mentre era costretta a piegarsi sulle gambe storte, troppo lunghe e troppo magre per sostenerla.

Mazel vs Lisa

In una stanza laterale rispetto al corridoio dall’ala est si ammassavano decine di persone prese da una fretta quasi euforica,  così diversa dal lento procedere dei visitatori che passeggiavano lenti e tranquilli nelle altre sale, tanto da sembrare un mondo completamente a parte. Non c’era da stupirsi, perché proprio lì abitava una delle donne più famose del mondo, fermata eternamente nella sua espressione sibillina e protetta da una robusta teca in vetro; davanti a lei una folla in estasi strepitava per poterla guardare per qualche secondo, nonostante tutti conoscessero già i più piccoli dettagli dei suoi lineamenti,  meglio di quanto avrebbero potuto scorgere in quell’occasione.
I più entravano per cercare di immortalare quel momento con un flash, anche se aprendo un qualsiasi libro d’arte avrebbero potuto trovare una riproduzione di certo migliore. Io, invece, ero entrata per cercare Marco.  Mi ero separata da lui qualche minuto per avere un po’ d’intimità nelle toilette del piano: dopo ore di infernale tormento mi ero decisa a sistemare quei collant francesi che male si adattavano ad un corpo italiano.      


Avevo fatto di tutto, quel giorno, per essere bella, nella speranza che questo bastasse a  cancellare tutti i dubbi e le paure che da settimane asserragliavano la mia mente ed il mio cuore, mentre la mia mente ed il mio cuore non avrebbero dovuto far altro che assaporare i momenti di vita parigina che l’Europa unita mi aveva regalato in nome di Erasmo da Rotterdam. Temevo che quei mesi passati lontano avessero trasformato irreversibilmente il mio – e il suo - modo di essere e di pensare,  i desideri e i sentimenti che una volta ci avevano uniti così intensamente. Che il non fatto e il non detto ci avessero resi due estranei. Qualche ora prima, mentre lo aspettavo alla Gare de Lyon, avevo anche temuto di non riconoscere più il suo viso.

Mentre lo cercavo nella sala di quel museo, gremita di folla, ero di nuovo sprofondata nell’insicurezza di quei pensieri. Ma proprio lì, dove tutti scrutavano il sorriso giocondo di Lisa, proprio come poche ore prima alla stazione, io ritrovai il suo di sorriso, quello che scioccamente avevo temuto di non ricordare e il mio cuore e la mia anima sciolsero ogni dubbio. Affondai la mia mano nella sua e riprendemmo a passeggiare sul parquet antico di quei corridoi, parlando e ridendo come se non ci fossimo lasciati mai, quasi non accorgendoci degli immensi capolavori che ci guardavano dalle pareti. 

Mazel vs le Penne Salsiccia Radicchio & Curry

Diciamo che soffro di un certo bipolarismo culinario.
A volte mangerei direttamente il prosciutto dalla vaschetta per non sporcare in giro, altre volte mi metto lì di santa pazienza e faccio le lasagne a mano dall’inizio alla fine. Magari senza usare la famosa nonna papera della Clerici. Non so bene da cosa dipenda, ma vedo una forte correlazione tra la voglia di cucinare e il grado di ordine che regna in cucina (che poi... cucina è una parola grossa; diciamo angolo cottura 2m-long davanti al letto, va!). Forse dentro me sento un’irrefrenabile voglia di riportare le cose allo stato di entropia naturale che dovrebbe regnare.
Fatto sta che ogni tanto mi piglia lo schiribizzo, la voglia di sperimentare nuovi piatti. Poi, quando mi riescono, li preparo fino a che non ti escono dagli occhi e una sensazione di nausea ti parte spontanea al solo nominarli. Diciamo che tutti quelli che hanno mangiato almeno una volta alla mia tavola hanno provato le famose Crépes morbide stracchino e mortadella (ma ora ho smesso di farle, perché anche io non ne posso più) o la divina Insalata della casa.
Dalla scorsa settimana ho il mio nuovo piatto di punta. L’ho visto un giorno al bar e l’ho rifatto a casa la sera. Una rivelazione, giuro.
Lo so, lo so...Lo so che questo non è un blog di cucina. Ma muoio dalla voglia di postare la ricetta.

Quindi beccatevela. Le famose pennette salsiccia, radicchio & curry.
(Mi viene fame solo a scriverlo)

Ingredienti per 2 persone:

200 g di penne
1 radicchio
200 g salsiccia
1/2 cipolla
2 cucchiai di panna da cucina
1/2 bicchiere di vino bianco
Curry
Sale e pepe


Tritate mezza cipolla e fatela appassire in una cucchiaiata di olio. Unite la salsiccia, spellata e spezzettata, e fatela rosolare. Gettate nella padella il radicchio rosso, mondato, lavato e tagliato a listerelle, poi fatelo appassire per uno o due minuti.
Irrorate con il vino, salate e pepate. Aggiungete un cucchiaio di curry e lasciate cuocere una decina di minuti. A fine cottura aggiungete un paio di cucchiai di panna da cucina e lasciate che il sugo si amalgami bene.
Scolate la pasta che avrete preparato nel frattempo e versatela nella pentola.

Gnam :P

martedì 1 marzo 2011

Mazel vs Le piccole cose - Part 1

Tutto è nato da un post di Wonder che ci chiedeva di elencare tre cose che amiamo.

Sul momento non sapevo dirne neanche una e la cosa mi ha fatto preoccupare non poco. E' mai possibile che non mi piaccia niente? Proprio io che sostenevo che la felicità sta nelle piccole cose?!
Così, da qualche giorno, ogni volta che provo una sensazione positiva, prendo appunti. a volte sembro un po' suonata, ma ecco i primi risultati. Mi ripropongo ufficialmente di non smettere mai. Giurin giuretta.


Mi piace andare al bar in pausa pranzo e trovare il piatto di cui avevo voglia.
Mi piace quando Marco viene a prendermi al lavoro.
Mi piace leggere. E quando leggo mi piace non riuscire più a staccarmi dal libro.
Mi piacciono i popcorn al cinema.
Mi piace la salsiccia nel sugo.
Mi piace avere la casa pulita dopo aver raggiunto limiti indescrivibili di disordine e essermi decisa a dare una sistemata.
Mi piacciono i post it.
Mi piace fare liste.
Mi piace prendere il caffé tutte le mattine nello stesso bar.
Mi piace prendere il gelato d'inverno quando c'è il sole.
Mi piace il "pizzaecinema".
Mi piacciono le serie tv. Soprattutto Chuck Burtowsky.
Mi piace accarezzare il mio gatto sotto la pancia mentre dorme.
Mi piace ricevere posta.
Mi piacciono i dehors. Meglio al tramonto e d'estate.
Mi piacciono i profumi di San Salvario.
Mi piace il tartufo.
Mi piace la musica. Soprattutto quella che ti ricorda una sensazione, un profumo che hai sentito in passato mentre l'ascoltavi.
Mi piace sottolineare.
Mi piace guardare i dvd di Blunotte prima di andare a dormire.
Mi piace ritrovare vecchi racconti tra i file in disordine e assaporare con la mente i ricordi che risvegliano.