E mentre oggi uscivo dall'ufficio con la mia amata-odiata collega la nappi, il caro signore del bar Cavour, a cui ho lasciato fior fiore dei miei stipendi per i pranzi quotidiani, ci ha offerto due coni di gelato appena fatto. Abbiamo chiacchierato dei soprannomi di Micheal Jackson e ho assaporato il piacere della mia quotidianità, del calore dei rapporti umani, della bellezza della routine tranquilla.
Al supermercato accanto ho incontrato la mia collega Elena, con cui divido l'ufficio, le gioie e i dolori, le difficoltà e le frustrazioni, e sono stata sorpresa dalla voglia di passare ancora qualche minuto con lei, anche se eravamo state gomito a gomito nelle ultime otto ore.
Dopo poco mi ha chiamato la gentile signorina della Mondadori, dicendomi che i signori dell'Einaudi probabilmente mi offriranno entro la settimana il posto per cui ho fatto un colloquio ieri. Mi sono messa le scarpe da ginnastica e, sotto un cielo che minacciava pioggia, sono andata sotto la sede di via Biancamano, cercando di capire cosa mi dicesse il cuore.
Ho mandato mille messaggi, ma nessuno me lo sa dire.
Non l'ho ancora capito.
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